Acqua e nitrati

Pubblicato il: 19/09/2017 10:00
NitratiAgricoltura
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Autore: Martina Pugno

La presenza di nitrati nelle acque rende più costosa la produzione di acqua potabile e altera gli ecosistemi. Una soluzione? Campi più sostenibili e autosufficienti, con meno necessità di concimi azotati.

La scarsità di acqua potabile è un tema che si è fatto abbondantemente sentire in Italia in questi mesi torridi e con scarse piogge. Ad aumentare la criticità, abbiamo visto, contribuiscono diversi fattori, tra i quali la presenza di reti idriche datate e non più efficienti. Un ulteriore nemico arriva invece dall’agricoltura: sono i residui di nitrati provenienti dai concimi azotati utilizzati per la coltivazione, che provocano l’inquinamento delle acque.

Il problema riguarda l’Italia e tutta l’Europa, con un particolare allarme proveniente dalla Germania: qui, afferma il direttore responsabile dell’Associazione federale dell’energia e dell’acqua pubblica (BDEW), Martin Weyand, praticamente ovunque il valore dei nitrati risulta alto e il processo necessario per ottenere acqua potabile potrebbe di conseguenza diventare ancora più costoso.

I fertilizzanti azotati sono stati sempre considerati fondamentali in agricoltura: ad oggi, non si conoscono alternative valide che permettano di evitarne l’utilizzo. La principale criticità riguardo ai concimi azotati è che tendono a non rimanere soltanto dove vengono sparsi, ma finiscono nei fiumi e nei laghi, creando danni ambientali tutt’altro che trascurabili.

Un esempio è il recente allarma lanciato da Legambiente Basso Sebino, che denuncia un Lago d’Iseo invaso come non mai da alghe, a causa dell’inquinamento (nitrati e fosforo per lo più) e dei cambiamenti climatici. Il fenomeno mette a rischio una delle aree lombarde più ricche di biodiversità.

Le soluzioni proposte finora sono parziali e limitate. In un articolo pubblicato su The Salt, il giornalista Dan Charles fa luce sul programma SUSTAIN lanciato dalla multinazionale Land O’ Lakes, che ha coinvolto anche il produttore alimentare Walmart. Il programma promette di ridurre la quantità di concime azotato utilizzato dai coltivatori senza ridurre il loro profitto ma, di fatto, i risultati sono limitati ad un uso più efficiente, che consente di ottenere una maggiore resa dal terreno senza aumentare la quantità di prodotto versato.

Se ridurre tout court l’utilizzo di concimi azotati non è possibile, è vero che ci sono altre strade da percorrere. In Iowa Sarah Carslon, rappresentante del gruppo di agricoltori attenti all’ambiente Practical Farmers of Iowa, suggerisce al progetto Sustain delle modifiche: perché focalizzarsi esclusivamente sulla gestione dei fertilizzanti azotati, anziché ampliare lo sguardo? Un modo potrebbe essere quello di incentivare gli agricoltori a coltivare non solo grano e soia, ma anche l’avena o la segale, con una coltivazione di copertura. In questo modo si potrebbe aggiungere azoto al terreno in modo naturale, riducendo la necessità di fertilizzanti.

Un’altra interazione preziosa con il terreno è quella dell’ortica da filato, dal momento che si tratta di una pianta capace di depurare con efficacia il suolo dai nitriti. Molte sono le indicazioni alle quali è possibile guardare e molte sono le soluzioni in fase di test, ma una cosa appare chiara: è necessario tornare a pensare ai campi coltivati come a organismi nei quali l’interazione è, come sempre in natura, la chiave per un equilibrio in grado di automantenersi. Un obiettivo ambizioso, forse, ma del quale abbiamo estremamente bisogno.